Roberto Spada crocifisso per il naso già rotto del ruffiano-provocatore-giornalista

Dopo il 2001, in tutto il mondo, quindi anche in Italia, è stata venduta la frottola del finto-terrorismo islamico, per giustificare l’ulteriore oppressione delle dissanguate comunità produttive. A questi miti, in Italia, si sommano goffamente i miti della finta lotta alla finta criminalità organizzata, alle finte mafie, la quale finta lotta in realtà consiste in una serie di montature televisive e giornalistiche, di solito costruite addosso a ladri di polli o a personaggi immaginari, testimoniata da finti giornalisti, che vengono messi sotto scorta per far credere che le scemenze che dicono abbiano qualche fondamento di verità. Queste manovre hanno sempre una qualche ragione politica di essere, anche se, data tutta l’ignoranza che si dispensa sui giornali e in Tv, il senso finale del progetto è sfuggevole.

Dopo i processi farsa cosiddetti “mafia capitale” e “camorra capitale”, ora abbiamo la persecuzione degli Spada e/o dei Casamonica e/o di qualche altra famiglia di sventurati presi di mira dai calunniatori seriali de “la Repubblica”-“l’Espresso, che poi sono subito amplificati da tutto il carrozzone dei falsari-ruffiani della Tv, e degli altri giornalacci, ai quali le procure si allineano, o si accodano, arrestando delle macchiette, delle controfigure, sputtanandole, processandole e ottenendo anche qualche condanna in primo grado, per reati diversi da quelli che contestano (il mito dell’associazione mafiosa, usato surrettiziamente per imporre le misure illegali e disumane del 41bis)  i quali non esistono.

La procura è la stessa, i giornalisti sono gli stessi, il trucco è lo stesso, e lo conosciamo benissimo. Si monta una campagna di stampa gigantesca, la si continua durante tutto il processo, soprattutto alla vigilia della sentenza, e si creano dei miti ai quali tutti insistono a credere a onta del fatto che le sentenze dicono diversamente, a fine processo.

In questo caso, il fatto contestato è una volgarissima e banalissima lite deliberatamente provocata e ben documentata in video, dove si ha una testata sul naso, già rotto altre due volte, di un ex pugile dilettante, il quale ora ha capito che si guadagna di più a raccontare palle in Tv, piuttosto che passando alla danza classica, visto che come pugile non rende.

Il reato è quello di lesione personale (art. 582 del codice penale), senza aggravanti, visto che il finto giornalista è un ex pugile, ha rotto il naso già altre due volte, c’è la provocazione, eccome, e che, aggiungerei io, visto che è una vicenda talmente bene organizzata e ripresa, se i due malcapitati non fossero finiti al 41bis, sembrerebbero d’accordo con la regia televisiva che ha scritto questa novella televisiva.

E però, dopo aver montato lo scandalo, si costruisce addosso ai due maldestri gitani tutta una storia fantastica basata sulla gloria dei nomi, sul finto contesto, sui precedenti per spaccio di qualche loro parente, affine o conoscente, sulle testimonianze di altri gitani drogati che vivono nelle grazie delle procedure di protezione immunitarie previste per gli infami, i finti collaboratori di “giustizia”. Tutto ciò giustificherebbe, per la procura e il finto tribunale del riesame, l’illegale sequestro cautelare dei due gitani, trasferiti in luoghi impervi (Spada a Tolmezzo e Ruben a Nuoro), lontani dai già indolenti avvocati romani, che se poi sono avvocati d’ufficio è segno che la storia deve continuare e finire come si è vista nascere.

Le scemenze che si sentono dire al processo (lo trovi integrale qui: https://www.radioradicale.it/processi/1260/processo-a-roberto-spada-aggressione-piervincenzi) sono anche più ridicole e grossolane di quelle che raccontano i giornalisti in Tv. E però, il pm di questa buffonata è troppo intelligente per non sapere che si tratta di una montatura. Ma esegue, perché deve fare come gli viene commissionato, non so bene a che titolo, dai suoi superiori gerarchici e/o dai suoi (dai loro) committenti “politici” (che non sono politici-parlamentari o scalda-sedie di enti di stato, no, questi sono “manovratori politici” e tengono le fila sia di alcune procure che del carrozzone di stampa e Tv).

Dai oggi e dai domani, finalmente riescono ad ottenere una sentenza di primo grado nella quale si riconosce “l’aggravante mafiosa” ipotizzata dalla procura. Fare confusione e cambiare il senso alle parole è un trucco che premia l’oppressore. Oggi possono portare via tutta la roba a qualunque cittadino, e tenerlo in condizioni disumane al 41bis, sulla base di un sospetto (DLgs 159 del 2011) e/o sulla base di un precedente giurisprudenziale, che prima non esisteva, in base al quale, frasi come:

“Oh, ma te ne vòi annà?” e “So’ dù ore che stài qua, hai rotto er cazzo!” – vengono assimilate alle minacce e alle intimidazioni di stampo mafioso (i romani non possono più “parlà” al naturale).

Minaccia, ingiuria e molestia non sono reati contestati dalla procura, che invece si è fissata sulle aggravanti inesistenti della condotta “mafiosa”.

Le norme oppressive/repressive del tiranno sono tutte già pronte prima dello scandalo e della montatura mediatica, si tratta solo di farle approvare. Quando il processo non si ha abbastanza in fretta, quando i pupi tardano a firmare, li si sollecita con queste finzioni plateali ma, non solo, si ottiene nei fatti anche una giurisprudenza eversiva della legge che consente di ottenere di poter praticare la stessa oppressione/repressione anche in assenza dei decretacci che l’autorizzino, perché c’è un precedente di “giurisprudenza” (non ancora sentenze passate in giudicato) che si tenta disperatamente di ottenere e che, fuori dalle procedure si sfrutta anche quando è un precedente mutilato o strumentale (qui abbiamo la sentenza di primo grado, secondo esempio, e il suo calco, primo esempio, la sentenza relativa ai fatti della “repressione preventiva”, ai cosiddetti provvedimenti cautelari, sentenze di merito con valore temporaneo revocabili).

Questa sotto è una parte del processo-farsa tenuto contro Roberto SPADA, ingiustamente accusato di aver dato una capocciata (“con metodo mafioso”) a un giornalista caga-cazzi, il quale si ritrova con il naso (da fata) rotto per la terza volta.

1) TOLMEZZO
Con il trucco del “contesto-mafioso” e cambiando il significato alle parole, introducono la finzione del “metodo mafioso”. Per una stupida lite di strada uno si vede DETENUTO in un carcere di massima sicurezza, detenuto in attesa di giudizio, in regime di 41bis, messo in condizione di non potersi difendere, perché non può vedere i propri avvocati, i quali per giunta non può pagare perché, con il trucco del DLgs 159 del 2011, hanno sequestrato tutta la roba sua e dei suoi parenti, amici, affini e conoscenti.

2) NUORO
L’amico di Roberto Spada, tale Ruben, in base agli stessi trucchi illegali visti qui di sopra, e per gli stessi motivi, viene sepolto illegalmente e ingiustamente a Nuoro.

3) VASATURO, RUFFIANO PURO
Oltre ai giornalisti calunniatori, messi fraudolentemente sotto scorta per far credere alle loro scemenze, oltre al carrozzone dei ruffiani della Tv e alle procure che non rispettano né legge né procedura penale (figuriamoci se rispettano le vite umane), ci sono anche avvocati ruffiani che campano sostenendo le menzogne, le calunnie e le correlate azioni civili dei falsari giornalisti. Ce ne sono molti, vedi il finto processo “mafia capitale”, per farti un’idea di quanta viltà unge e ingrassa la professione forense. Uno ricorrente è l’avvocato Giulio Vasaturo, ruffiano puro!

4) Del CONTESTO MAFIOSO
La “capocciata” sul naso di un provocatore non è un fatto che ha a che fare con la mafia. Anche un bambino cretino lo sa. Allora non si parla di atto mafioso, ma di “metodo mafioso” o di “contesto mafioso”. Il “contesto mafioso” è una forzatura assolutamente immaginaria. Se ogni bullo che minaccia un fesso qualunque in strada, in quanto lo minaccia di “te parto de capoccia”, fosse da considerare uno che pratica l’intimidazione con metodo mafioso, quanti romani circolerebbero liberi in città? E quanti poliziotti, carabinieri, questori, vigili e finanzieri usano l’intimidazione e poi la minaccia, prima e dopo dell’abbandono ai manganelli e alle altre armi?

5) CASA POUND
Che cavolo c’entra casa Pound? E poi, dove sono finiti, non si sente nessuno di loro che difende questi loro presunti “sostenitori” di Ostia, ingiustamente e illegalmente sequestrati e tenuti al 41bis?

6) METTI LA MINIGONNA
La gente dice scemenze, Buzzi le diceva al telefono, e gli inquirenti usano queste scemenze come “prove”, come finti indizi per mandarli al 41bis. Una di queste è l’invito a prostituirsi, che per la procura di Roma pare essere una prova schiacciante di “comportamento mafioso”. Fanno quello che vogliono, e se ne fregano della legge, delle procedure processuali, dei diritti civili e delle vite umane.

7) Della MAFIA A OSTIA
La mafia a Ostia è l’invenzione cretina che segue subito quella dell’invenzione della mafia a Roma, invenzione che si cava da veri e propri romanzi di qualche magistrato e dalle cazzate che scrive De-Lirio Abbate su la Repubblica e l’Espresso, prima che la lecca-suole di Santoro, tale gallina analfabeta che si chiama Innocenzi, e altri calunniatori falsari prezzolati, inizino a fare la cassa di risonanza con i giornali e la Tv.

8) MENARE E/O MINACCIARE
Prendiamo 3 carabinieri a caso, quelli che hanno suonato Stefano CUCCHI. Siccome lo hanno menato, si sono associati per menarlo, e poi lo hanno insultato e minacciato, “drogato di merda, non dire niente altrimenti…” e hanno falsificato verbali, assieme ad altri complici loro superiori, questa non è associazione per delinquere di stampo mafioso? Hanno minacciato, hanno taciuto, hanno fatto tacere, hanno usato violenza, usando il manganello e l’intimidazione per imporre omertà, anche nell’ambito dei loro stessi circoli, anche con i loro colleghi, oltre che a falsificare le prove contro le guardie carcerarie. Come mai non sono al 41bis?

9) DEL CONTROLLO SOCIALE
Resta da vedere perché si organizzano queste campagne di stampa e si mettono in galera i finti mafiosi con grandi sceneggiati cerimoniosi: il fatto fondamentale che, chi segue le scemenze dei giornalisti, non vuole capire è che le norme speciali anti questo e anti quello servono tutte per opprimere e dissanguare ulteriormente il cittadino. Si crea il mito per far credere al contribuente che i suoi denari sono spesi bene (contro di lui) e che deve cedere più parte della sua roba. Questi decretacci riguardano tutti e non solo i ladri di polli e chi commette reati comuni. La differenza tra chi sta dentro e chi sta fuori ha a che fare più che altro con la fortuna, perché l’oppressore può decidere a piacere, fregandosene delle procedure di legge e dei diritti civili dei contribuenti che pure pagano il suo grasso stipendio.

 

Published by economia, finanza e fisco

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